De : Antonio Di Ciaccia
Date : Wed, 22 Feb 2012 15:44:33 +0100
À : Jacques Alain Miller

Cher Jacques-Alain,
Aujourd’hui est paru dans “la Repubblica” un Manifesto écrit par le Président SPI (et IPA) pour défendre la psychanalyse (et notamment par rapport à la question de l’“autisme”) et que le journaliste Luciana Sica a soumis à la lecture et à la signature de trois analystes de trois mouvements différents : Simona Argentieri (d’un groupe alternatif à la SPI), Luigi Zoja, junghien, et moi-même. J’ai signé.
Bien à vous,
Antonio

——Messaggio inoltrato
Da: Segreteria Istituto Freudiano
Data: Wed, 22 Feb 2012 13:23:38 +0100
A: Segreteria Istituto Freudiano
Oggetto: La Repubblica – Luciana Sica – 22 febbraio 2012


Repubblica 22.2.12
Per la prima volta il mondo analitico scende in campo per difendere una disciplina messa sotto accusa. Perché solo ora?
di Luciana Sica

Per la prima volta insieme. Allo scoperto. Escono dalle loro “stanze”, non incassano come sempre, fanno sentire la loro voce. A dispetto di una storia infinita di litigi, scissioni, scontri, diffidenze, sospetti, accuse che da sempre attraversano (e indeboliscono) la psicoanalisi, di fronte a un paio di articoli giornalistici considerati
l´ennesimo attacco alla loro disciplina, quattro analisti delle scuole più importanti sottoscrivono un documento, che noi qui pubblichiamo.
Il primo firmatario è Stefano Bolognini, al timone della Società psicoanalitica e ormai soprattutto primo presidente italiano dell´International Psychoanalytical Association (l´Ipa, fondata da Freud nel 1910, dodicimila iscritti in tutto il mondo). Notissima firma al femminile del mondo freudiano è Simona Argentieri, didatta
dell´Associazione italiana di psicoanalisi. Antonio Di Ciaccia, allievo diretto di Lacan, è da noi l´autorevole curatore dell´opera del maestro francese. E Luigi Zoja, personaggio di segno cosmopolita dello junghismo, è autore di saggi coltissimi tradotti in una decina di idiomi.
Quattro nomi più che rappresentativi. Dietro di loro c´è una moltitudine di colleghi “indignati” per le accuse rivolte a un sistema di pensiero che – da Freud a oggi – si è evoluto in modo impressionante, e come metodo di cura e strumento di comprensione della realtà ha influenzato la cultura in ogni sua espressione. Ma quello che più sorprende è che gli analisti si decidano a una protesta così inconsueta e vistosa.
Perché solo ora? Da Popper a Grünbaum, da Nagel al Libro nero, fino al più recente pamphlet di Michel Onfray, la psicoanalisi è silenziosamente sopravvissuta a guerre “ideologiche” come a requisitorie serie e molto ben argomentate, alla moda diffusa d´intonare cori funebri come alla mania dei gossip sulla vita personale dei suoi fondatori. Soprattutto l´ondata trionfalistica del cognitivismo sembrava annunciarne la definitiva liquidazione, ma così non è stato, e anzi la psicoanalisi si è presa le sue rivincite culturali, grazie a studiosi geniali come i Nobel Edelman e Kandel, al dialogo con le neuroscienze, alla forza intellettuale e anche mediatica di “philostar” influenti come Slavoj Zizek. Inoltre è la psicoanalisi italiana che ha acquistato più prestigio, e non solo per il ruolo internazionale di Bolognini. Vorrà pur dire qualcosa se il Censis di De Rita ha bisogno di ricorrere alle metafore psicoanalitiche di Massimo Recalcati per “leggere” in profondità i mutamenti sociali.
Il resto è cronaca di questi giorni. Gli analisti non si sono entusiasmati alla lettura di un articolo uscito sul supplemento “Salute” del nostro giornale. E poi sono rimasti sconcertati dalla prosa di Gilberto Corbellini, su un recente domenicale del Sole 24 Ore. Lo storico della medicina, coautore dell´ultimo libro di Jervis, decisamente non gradisce la «perniciosa influenza, culturale e politica, della psicoanalisi. In modo particolare, degli esponenti di una delle sette psicoanalitiche più insidiose, cioè il lacanismo». Di qui la piccola significativa bagarre.

Repubblica 22.2.12
Uniti a favore di “una scienza a statuto speciale”
Ecco Il manifesto che mette insieme scuole diverse
Stefano Bolognini, Simona Argentieri, Antonio Di Ciaccia, Luigi Zoja

Alcuni recenti articoli giornalistici hanno ravvivato il dibattito sulla psicoanalisi mettendone in discussione lo statuto scientifico, l´utilità clinica e la legittimità sociale come metodo di assistenza e di cura nelle patologie gravi. Da molti decenni la psicoanalisi è descritta dai suoi detrattori come inattendibile, dannosa, parassitaria, epistemologicamente infondata, in procinto di scomparire… Piaccia o no, le cose non stanno affatto così. E seppure certe critiche non rappresentano una gran novità, questa volta vorremmo puntualizzare alcuni aspetti utili a un´informazione più corretta. E vorremmo farlo insieme, superando per una volta le divisioni e le differenze che appartengono alla storia del movimento psicoanalitico.
Intanto oggi la scienza è polifonica, critica e non conchiusa. Fa riferimento alla complessità, alla discontinuità, alle leggi del caos, alla casualità. Restringere lo studio della mente umana alle sole discipline psichiatriche e neuropsicologiche – che, sia chiaro, sono di enorme interesse anche per gli psicoanalisti – sarebbe riduttivo e arbitrario. La psicoanalisi è una scienza a statuto speciale che esplora non solo la dimensione inconscia (suo specifico storico e sostanziale), ma anche le relazioni della coscienza con l´inconscio, le interrelazioni profonde tra i vari livelli interni dell´individuo e dei diversi individui nella coppia, nel gruppo, nella comunità. Con la sua straordinaria evoluzione teorico-clinica, si è ramificata in varie scuole che hanno contribuito a descrivere e trattare aree sempre più specifiche del disagio mentale.
L´esperienza dell´analisi, ad ore e giorni convenuti (il setting), nei tre continenti storici (Europa, Nord America e America latina) e recentemente anche in Medio Oriente e in Asia (soprattutto in Cina), si basa comunque su una ricerca metodica e impegnativa del contatto con sé e il proprio inconscio. E ormai sappiamo bene che il recupero di una vivibile soggettività individuale – in molti casi di nevrosi, patologie narcisistiche, sindromi borderline, psicosi – è reso possibile da una relazione complessa e continuativa tra due persone, da un “lavorare insieme” su angosce, bisogni, dolori, desideri non riconosciuti. Certamente le patologie psichiatriche gravi, come alcune sindromi autistiche, richiedono adattamenti di tecnica specifici e mirati, e molto spesso la terapia che ne risulta non è affatto un trattamento psicoanalitico. Il nostro contributo riguarda di solito la gestione complessiva di casi in cui il paziente, la famiglia e gli stessi operatori della salute necessitano di un supporto che renda la loro dolorosa vicenda umana più comunicabile.
Oggi la psicoanalisi non è alla vigilia della sua scomparsa, ma è anzi decisamente viva. La sua sfida attuale è quella di contrastare nuove forme di attacco alla capacità di pensare e alla relazione tra le persone, che caratterizzano la nostra epoca. Gli esseri umani sono invitati in vari modi, impliciti ed espliciti, ad evitare il contatto con se stessi, a coltivare illusioni di onnipotenza e di totale autodeterminazione, ad identificarsi attraverso i media con idoli o gruppi idealizzati, a ritirarsi nell´uso della tecnologia virtuale, a privilegiare le difese maniacali considerando l´euforia e il piacere le uniche condizioni degne e normali della vita.
Configurare una funzione sociale della psicoanalisi potrebbe risultare velleitario, di fronte a fenomeni di questa portata. Ma la voce degli psicoanalisti ha un suo effetto nel tempo medio-lungo e produce cambiamenti profondi nella cultura: è accaduto in passato, potrebbe accadere ancora nel futuro. Quello che oggi va difeso, come assolutamente centrale, è il “fattore umano” e – anche nelle patologie più gravi – ogni residuo frammento di speranza.

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